mercoledì 26 dicembre 2007

Il viaggiatore

Il viaggiatore e' un animale strano, una razza a parte con caratteristiche precise ma, allo stesso tempo, diversificato in mille tipologie diverse.

Una grande distinzione e' quella che contrappone il viaggiatore abituale dal viaggiatore di fortuna.
Il primo e' a suo agio sui mezzi di trasporto, sa come muoversi e lo fa in maniera silenziosa e precisa, sa come posizionarsi quando e' in piedi, come spostare il peso per poter mostrare al mondo il suo incredibile senso dell'equilibrio che gli consente di leggere e telefonare senza tenersi in alcun modo da nessun apposito sostegno; niente e' lasciato al caso: il posto scelto tiene conto della direzione di marcia, del grado di isolamento dal rumore e, nei casi estremi, dalla vicinanza dell'uscita delle stazione dalla porta di uscita del mezzo di trasporto.
Il secondo risulta ad, una prima analisi visiva, piu' sospettoso, guerdingo; solo dopo i primi 5 minuti di osservazione si evince che il suo stato d'animo e' in realta' tendente al timore, all'angoscia: di sbagliare un movimento, di saltare la fermata, di non arrivare in tempo all'uscita; e' cosi' non e' difficle imbattersi in qualcuno che si muonve verso l'uscita 10 femate prima (nel caso di metro) o 75 minuti prima (nel caso di treno), di qualcun'altro che prova ad abbassare le tendine elettriche dai posti piu' impensati (viti a vista, bottoni decorativi dei sedili, possacenere dei braccioli). Lo spettacolo piu' interessante a cui assistere dal punto di vista antropologico e' l'interagire della prima tipologia con la seconda: vanno sottolineati il sorriso beffardo di colui che ormai conosce l'esatto posizionamento e utilizza a memoria ogni meccanismo (tavolino estraibile, comandi elettrici, leve di spostamento) quando viene in benevolo aiuto di chi annaspa nel cercare una soluzione a questi enigmi meccanici.

Un'altra grande distinzione degna di nota e' quella che vede agli opposti il viaggiatore superorganizzato e quello spensierato.
Il primo e' pronto a qualsiasi evenienza: porta con se oggetti come una torcia elettrica, un cuscino gonfiabile, un settimanale, un quotidiano, la settimana enigmistica e, ovviamente, una scorta alimentare tale da garantire una sopravvivenza plurimensile in caso di attacco nucleare; tiene i soldi in un pratico borsellino appeso al collo e incastrato nell'elastico delle mutande e ha sempre a portata di mano una confezione di salviettine umidificate (cilindrica da 1000 strappi).
Il secondo viaggia possibilmente senza bagaglio, tiene i soldi nel portafoglio nella tasca posteriore dei jeans e (suscitando l'incredulita' del viaggiatore superorganizzato), se ha fame, compra cio' che passa il carrellino!

Tralasciando le tante altre tipologie, cito le due che, a mio parere, sono le piu' riscontrabili e meglio identificabili: il viaggiatore sereno e quello intransigente.
Il viaggiatore sereno arriva al posto che a prenotato, sistema i suoi bagagli, saluta cordialmente chi trova nelle vicinanze, si accomoda.
Il viaggiatore intransigente arriva sbuffando, mira con uno squardo pieno di combattivita' il suo posto, saluta guardando i numeri dei posti, sistema i suoi bagagli emettendo suoni che sottolineano il suo sforzo, si siede lamentandosi, nell'ordine, del poco spazio, della scarsa pulizia, dei prezzi. In genere i suoi improperi si concudono con la frase "solo in Italia queste cose" (come se avesse girato per tre continenti negli ultimi due mesi).

A quale categoria appartengo io?
Tendenzialmente a quella del viaggiatore sereno, ma si sa che ogni viaggio e' diverso e cambia in base allo stato d'animo.
Comunque se alla stazione o all'aeroporto, in metro o sul tram, vi passa davanti un tizio col giaccone a tre quarti che addenta una mela verde ... quello sono io.

venerdì 21 dicembre 2007

Si parte!

Stamattina sveglia prestissimo, ma non importa.
Giornata di lavoro intensa, ma non importa.
Mi aspettano 15 ore di treno, ma non importa.

Ritorno a casa!
Passo il Natale con i miei cari e tra gli amici, con la mia ragazza e nella mia citta'.
Non mi lascero' trasportare da derive socio-moralistiche. Non in questo post.
Dico solo che stamattina a Milano eravamo tutti in giro con delle valige enormi: o Milano e' diventata una citta' turistica, oppure noi meridionali siamo davvero tanti!
Ormai che in Italia si possano distinguere tre regioni geografiche in base agli abitanti: Il Sud, il Centro e ... il Sud (quello dal Po in su).

Ad ogni modo, quello che volevo dirvi e' un'altra cosa: volevo dirvi come vivo la partenza, in questo che non è un venerdì quaslsiasi, ma IL venerdì.

La sera prima e' la parte piu' bella delle ferie: quando assapori quello che ti aspettera' e quando la fine delle del periodo di vacanza e' troppo lontana, tanto da sembrare inesistente.
In questa fase ssono gentile con tutti, rispondo volentieri e gentilmente al telefono, anche ai venditori di vino e shampoo.

La sera del giorno della partenza e' carica di fibrillazione, tanto che l'ansia di perdere il treno, l'aereo, la nave, il pulmann, vengono travolte e neutralizzate.
In questa fase emetto gioia come una supernova emette luce. Ogni conversazione (telefonica e non), ogni mail di lavoro, ogni conto pagato ad un registratore di cassa, si conclude immancabilmente con un augurio di buone feste.

Il viaggio non puo' che essere piacevole, nonostante i vettori italiani del trasporto di persone ce la mettano tutta per renderlo infernale.
In questa fase mi rilasso, entro a far parte della categoria dei viaggiatori clementi, in contrapposizione a quella dei viaggiatori tesi/impauriti/frustrati/intransigenti.

Io preferisco il treno. 15 ore sono tante, ma mi consentono di gustarmi con lucidita' e calma quello che sta succedendo: sto tornando a casa.

giovedì 13 dicembre 2007

Caffeinodipendenza


Un tempo non bevevo caffe'. Mai.
Poi, non so quando, come e perche', ho cominciato a berlo. Oggi non ne posso fare a meno, dal lunedi' al venerdi. Il caffe' della mattina al bar, macchiato; quello delle pause durante la mattina, lungo; quello durante il lavoro, lunghissimo (americano) nella mia tazza dal valore inestimabile; quello dopo pranzo, normale; quello americano il pomeriggio; quello del dopo cena, normale.
Unico vizio a mia vita raminga, il caffe'. Non ditemi che fa' male che tanto me ne fotto. ME-NE-FO-TTO!
Ooohhhhh!

E sapete perche?
Perche' la mattina mi sveglio alle 6:30, mi prendo il freddo perche' il riscaldamento ancora non e' partito, mi prendo il ghiaccio uscendo di casa, mi metto in macchina, mi faccio 13 Km e 1274 semafori, arrivo infreddolito in ufficio ...
... ma poi entro al bar, il bar di Attilio l'interista, che sa esattamente cosa prendo a quell'ora, e non fa passare 10 secondi dal momento in cui metto piede nel suo locale per farmelo trovare sul bancone ... e io mi sento un Re: mi beo di quei cinque minuti di "lusso" che mi concedo. Cinque minuti di oblio da quello che c'e' fuori dalla porta di quel bar.
Si dice che per essere felici bisogna sapersi accontentare. Io credo che accontentarsi significhi anche riconoscere quali possono essere i "lussi" che ci si puo concedere e gustarseli.

Adesso siete pronti per leggere il testo di questa Canzone di Gaber (alla fine del post ho messo i link al video: magari ascoltatela perche' lui la interpretava perfettamente) e a vedere come una canzone leggera e simpatica, partendo dalle nostre sensazioni di tutti i giorni, puo' diventare motivo di riflessione in un solo verso...

Una brutta giornata,
chiuso in casa a pensare,
una vita sprecata,
non c'è niente da fare,
non c'è via di scampo,
quasi quasi mi faccio uno shampoo.

Uno shampoo?

Una strana giornata,
non si muove una foglia,
ho la testa ovattata,
non ho neanche una voglia,
non c'è via di scampo:
sì, devo farmi per forza uno shampoo.

Uno shampoo? Sì, uno shampoo.

schhh... scende l'acqua, scroscia l'acqua calda, fredda, calda... giusta!
Shampoo rosso, giallo, quale marca mi va meglio... questa!

Schiuma, soffice, morbida, bianca, lieve, lieve,
sembra panna, sembra neve...
La schiuma è una cosa buona, come la mamma,
che ti accarezza la testa quando sei triste e stanco,
una mamma enorme, una mamma in bianco!

Sciacquo, sciacquo, sciacquo...

Seconda passata.

Son convinto che sia meglio quello giallo senza... canfora!
I migliori son più cari perchè sono anti... forfora!

Schiuma, soffice, morbida, bianca, lieve, lieve,
sembra panna, sembra neve...

[parlato]: La schiuma è una cosa pura, come il latte:purifica di dentro.

E' una cascata, che ti da un senso di benessere, di pulizia.

La schiuma è una cosa pura ... e sacra ...e bianca ... come la Democrazia.

Sciacquo, sciacquo, sciacquo...

Fffffff... fon!

Giorgio Gaber - "Lo shampo" - 1972


martedì 11 dicembre 2007

Metro dopo Metro

Recuperio vecchio blog - 16 Marzo 2006
Continua il lento e inesorabile recupero dei post del vecchio blog; mi dispiace non riportare, per adesso, i commenti che erano stati lasciati: vedro' di inserirli in futuro.

Oggi riporto un post scritto poco tempo dopo essermi trasferito a Roma, quando iniziava una nuova fase della mia vita e tante nuove esperienze, difficolta', situazioni, avventure mi aspettavano.

La pigrizia regna sovrana su questo Blog! Per "cambiare l'aria" a queste modeste pagine, posto un semplice resoconto di ciò che faccio ogni mattina in metropolitana. Parentesi. La metropolitana la prendo da circa due settimane Passerò qualche tempo a Roma e questo sarà per me l' unico mezzo di locomozione a parte le mie gambe. Chiusa parentesi. Ogni mattina mi immergo letteralmente nel fiume di persone che simulano le dinamiche dei fluidi per dare la sveglia alla città entrando e uscendo dal suo ventre. Devo dire che i primi giorni entrare in metro mi rendeva molto triste: non ci ero abituato. Dunque ciò che notavo era la frenesia spasmodica di chi mi urtava correndo, la delusione sul volto della ragazza che ha capito che dovrà prendere il prossimo treno perchè ormai quello che ha davanti è troppo pieno, l'angoscia misurata del turista che sta attento alle femate, la scortesia acida della signora che si sente spinta da quel cafonedrogatocapellone che altra colpa non ha se non quella di essere travolto dall'onda d'urto delle persone che si uccidono pur di guadagnarsi un posto dentro il treno. Alla fine quel mio sguardo depresso di ogni mattina, che cercava nei disagi degli altri una magra consolazione al mio stato di "angoscia" dovuto alla mancanza di sole e di aria fresca, si è trasformato in un vero e proprio strumento di osservazione che, almeno, mi occupa i 40 minuti di "traghettamento". Così il senso di claustrofobica frustrazione è svanito e ha fatto posto a un divertente espediente scacciapensieri. Osservo. Discretamente, per carità : non sono un guardone! Passo dai due amici romanacci che parlano della partita di calcio, ai due adolescenti in preda ai rimescolamenti ormonali che si scambiano battute cretine quanto sinceramente divertite; dalla vecchietta che si muove sulla metro come se fosse a casa sua, alla studentessa modello pronta a scendere da quel treno e meritarsi quel 30 e lode che le riempirà il libretto con una nuova riga e lo spirito con tanta autostima. Mi soffermo un attimo in più su un neonato in braccio alla madre. Mi diverto a sentire i commenti di qualcuno sulle notizie sul giornale (guardone e impiccione!). Ogni tanto provo a scoprire se c'è qualcuno che fa il mio stesso mestiere. Ultimamente mi sono evoluto: porto con me un libro abbastanza tascabile e, se lo spazio me lo consente, leggo e tutto passa più veloce. Se dovessi scordare il libro o se lo spazio vitale dovesse essere angusto, posso sempre tornare al mio sport sotterraneo, fino a quando i miei pensieri non verranno interrotti dalla solita vocina ... una vocina che a volte non so se arriva alle mie orecchie o al mio cervello direttamente: - "Me scusi, che ... scende?" - "Si". (Per oggi basta allenamento).

domenica 9 dicembre 2007

Musica e poesia

Chiamarle canzoni, quelle di Guccini, e' riduttivo.
O meglio, potrebbero anche essere chiamate canzoni, a patto di non chiamare cosi' anche quelle dei vari Meneguzzi, DJ Francesco, Gigi D'alessio.
Comunque, se non la conoscete gia', leggete questa canzone, e ditemi se non vedete quello che state leggendo, se non lo toccate.
Quella di Guccini credo sia una forma d'arte completa, che unisce alla sensibilita' dell'artista, il rigore lessicale che e' necessario (a mio parere) per comunicare sentimenti ed emozioni.

Mi affascina il mistero delle vite
che si dipanano lungo la scacchiera
di giorni e strade, foto scolorite
memoria di vent’anni o di una sera.
E mi coinvolge l’eterno gocciolare
e il tempo sopra il viso di un passante
e il chiedermi se nei suoi occhi appare
l’insulto di una morte o di un’amante,
la rete misteriosa dei rapporti
che lega coi suoi fili evanescenti
la giostra eterna di ragioni o torti
il rintocco scaglioso dei momenti,
il mondo visto con gli occhi asfaltati
rincorrendo il balletto delle ore
noi che sappiamo dove siamo nati
ma non sapremo mai dove si muore.

Mi piace rovistare nei ricordi
di altre persone, inverni o primavere
per perdere o trovare dei raccordi
nell’apparente caos di un rigattiere:
quadri per cui qualcuno è stato in posa,
un cannocchiale che ha guardato un punto,
un mappamondo, due bijou, una rosa,
ciarpame un tempo bello e ora consunto,
pensare chi può averli adoperati,
cercare una risposta alla sciarada
del perché sono stati abbandonati
come un cane lasciato sulla strada.
Oggetti che qualcuno ha forse amato
ora giacciono lì, senza un padrone,
senza funzione, senza storia o stato,
nell’intreccio di caso o di ragione.

E la mia vita cade in altra vita
ed io mi sento solamente un punto
lungo la retta lucida e infinita
di un meccanismo immobile e presunto.
Tu sei quelli che son venuti prima
che in parte hai conosciuto, e quelli dopo
che non conoscerai, come una rima
vibrante e bella, però senza scopo.
E’ inutile cercare una risposta,
sai che non ce ne sono e allora tenti
un bussare distratto a quella porta
che si chiuse soltanto ai sentimenti.
Non saprai e non sai.
Questo dolore che vagli fra le magli di un tuo cribro
svanisce un po’ nel contemplare un fiore
si scorda fra le pagine di un libro.

Perché non si fa a meno di altre vite
anche rubate a pagine che sfogli
oziosamente, e ambiguo le hai assorbite
da fantasmi inventati che tu spogli
rivestendoti in loro piano piano
come se ti scoprissi in uno specchio
L’Uomo a Dublino, o l?ultimo Mohicano
che ai 25 si sentiva vecchio.
E percorriamo strade non più usate
figurando chi un giorno ci passava
e scrutiamo le case abbandonate
chiedendoci che vite le abitava,
perché la nostra è sufficiente appena
ne mescoliamo inconsciamente il senso;
siamo gli attori ingenui di un palcoscenico misterioso e immenso

Vite - Francesco Guccini

giovedì 6 dicembre 2007

Deliri neuronici

Ho lanciato in esecuzione un comando che non mi dara' risultati prima di un'ora.
Per cui mi sono detto "Alzati un po' Massimo: fai due passi, raddrizzati un po', rilassati".
Cosi' ho smesso di ragionare su indicatori e soglie e mi sono messo a pensare cosi ... come dire ... "a cazzo".
Riporto di seguito la lista completa dei pensieri raccolti da cinque minuti fa ad ora.

Pensiero n°1
Sto dimagrendo. Bene: sto meglio con me stesso.

Pensiero n°2
Cazzo c'e' il sole oggi a Milano! E che e' successo!?

Pensiero n°3
Devo fare la lavatrice dei bianchi questo week end

Pensiero n°4
Devo chiarire la situazione ferie natalizie.

Pensiero n°5
Se questo coglione dell'ufficio accanto non smette di alzare al voce, lo sopprimo. Ma che cazzo di gente viziata/frustrata.

Pensiero n°6
Ancora grida sto coglione! Oh Gesu', Giuseppe, S.Anna e Maria! Ho capito: ora sparo la musica a palla e vediamo chi vince.

Pensiero n°7
Eppure, a pensarci bene, ne ho fatti guai in vita mia ... ma non ho mai rotto un vetro. E si: magari qualche bicchiere, ma un vetro in quanto tale (un infisso, ad esempio, un quadro) mai. Nemmeno una porta a vetri, che ne so', uno specchio. Quand'ero piccolo giocavo a palla in casa, le ho colpite le finestre ... eppure non ho mai rotto un vetro ... bene.
A dire la verita' una volta, mentre ero steso sul divano un quadro si e' staccato dalla parete ed e' caduto a terra. Cioe' non e' che il quadro che si e' staccato: e' il chiodo che ha ceduto. Si e' rotto il vetro di quel quadro. Ma mica l'ho rotto io.
Non ho mai rotto un vetro ....

lunedì 3 dicembre 2007

In questo mondo ...











beati i ricchi, perche' il mondo gira per loro;
beati i ricchi, perche' possono essere generosi dimenticando cos'e' la generosita';
beati i ricchi, perche' possono essere solidali, dimenticando cos'e' la solidarieta';
beati i rcchi, perche' se non possono comprarsi la salute, possono comprare le cure;
beati i ricchi, perche' se non altro, possono dimenticare i piccoli problemi;
beati i ricchi, perche' i piccoli problemi possono essere quelli piu' frustranti;
beati i ricchi, perche' possono votare chi fa i loro interessi;
beati i ricchi, perche' se sono ricchi, un motivo ci sara' no?
beati i ricchi.
beati.

"E sempre allegri bisogna stare, che il nostro piangere fa male al re".

venerdì 30 novembre 2007

1000 anni di governo!

Recupero vecchio blog - 5 febbraio 2006
Dopo aver assistito in uno stato di ipnosi alla lettura del quinto Canto dell'Inferno da parte di Roberto Benigni, non posso non riproporre questo post che pubblicai sul mio vecchio blog.
All'epoca il governo era ancora nelle mani (oltre che nelle tasche) di Silvio Berlusconi ed io fui illuminato dalla lettura di due terzine dello stesso canto. Se ci avete fatto caso, vi accorgerete che anche Benigni ieri sera ha fatto un piccolo accenno a quello di cui parlai io nel post; ma ieri l'argomento principe era l'amore, al contempo dannazione e salvezza: Roberto Benigni ha spiegato con inimitabile capacita' questa sorta di paradosso, tanto da renderlo facilmente comprensibile. Era giusto, quindi, che questo grande artista, nell'enfasi del suo commentare i versi, facesse solo un accenno a cio' che, ripescando il vecchio post, voglio farvi notare io ...


Sono passate due settimane senza che postassi niente: che vegogna! Manco fossi un cardiochirurgo di ER! Del resto la pigrizia è difficile da combattere. Comunque, per fortuna ieri sera, prima di addormentarmi, leggevo qualcosa che mi ha fatto tornare l'ispirazione per postare. Piccola introduzione ai fatti: Ci sono due cose che mi piace fare. La prima è rileggere i libri che sono stato costretto a leggere durante gli anni di scuola; ve lo consiglio: è come guardare la tv a colori dopo averla vista in bianco e nero. La seconda è trovare in quello che leggo situazioni o sensazioni che possano essere riportate (in alcuni casi adattandole, in altri no) al giorno d'oggi. Detto questo, sarà chiaro perchè ieri sera, rileggendo la Divina Commedia, mi hanno colpito 6 versi in particolare:
"La prima di color di cui novelle
tu vuo' saper", mi disse quelli allotta,
"fu imperadrice di molte favelle.
Al vizio di lussuria fu sì rotta
che libito fè licito in sua legge,
per torre biasmo in che era condotta.
Ell'è Seramìs ...."

Questi versi sono tratti da un canto famosissimo: il quinto dell'Inferno (quello di Paolo e Francesca). Forse per questo quando li studiai a scuola nè io, nè nessuno dei miei compagni, nè la professoressa li collegammo a niente di particolarmnte attuale e andammo a leggere con più attenzione "Amor ch' a nullo amato amar perdona, ...." Ma adesso la situazione è cambiata. Al governo c'è quel tizio della foto e ....
tac ... scatta il collegamento immediato. Mi spiego. In questi 6 versi Dante racconta che Virgilio (quelli) gli stesse parlando di una dannata nel cerchio dei lussuriosi: Semiramide. Semiramide era regina degli Assiri nel XII secolo e fu [questo significano i versi] a tal punto lussuriosa e dedita al vizio, che decretò essere lecito per legge ciò che piacesse (libito) per cancellar (torre) il biasimo in cui era incorsa per la sua condotta. Bene. Ora fate le dovute proporzioni.

Lussuria => falso in bilancio
Biasimo => galera
Semiramide => Berlusconi

Dodici anni fà , in quell'aula di liceo, lessi con attenzione di Paolo e Francesca: non potevo ancora nemmeno immaginare cosa sarebbe successo poco tempo dopo..... e quanto avrei capito bene oggi quei sei versi.

martedì 27 novembre 2007

Invito alla lettura ...

Dato che possiamo dire che in Italia l'informazione televisiva e' quasi nulla, volevo invitarvi a leggere tre paginette scarse che riassumono con chiarezza (finalmente) quella che e' stata la vicenda De Magristris.
Averla percepita dagli organi di informazione televisiva (ma anche di stampa) credo sia stato impossibile: il ruolo del giornalista oggi, infatti, non e' tanto informare, ossia portare a conoscenza dei fatti, quanto scrivere, scrivere, scrivere dell'opinione di uno e del giudizio di quell'altro ... giusto per confondere le idee, e soprattutto, servire il padrone.
Potete leggere qui il documento a cui mi riferisco.

lunedì 26 novembre 2007

Cosa non farei ...

Venerdi scorso sono tornato al teatro Ciak di MIlano per un altro spettacolo ("Appunti per un film sulla lotta di classe") del grande Ascanio Celestini. Di Ascanio ho gia' parlato qualche post fa in occasione dell'altro spettacolo che ho visto, per cui dico due parole sullo spettacolo (tentando di imitare le doti critiche che l'amico Mario esprime in maniera eccelsa nel suo blog che trovate tra i link a destra.

Lo spettacolo e' strutturato in maniera leggermente differente rispetto alle altre rappresentazioni di Celestini: il racconto, anzi, i racconti, fanno come al solito da portante, mentre il tono e' leggermente meno narrativo e piacevolmente piu' colloquiale. Ho notato infatti che, a differenza di "Pecora nera" o "Scemo di Guerra", in cui il racconto era in una specie di dimensione a parte senza tempo, in cui lo spettatore sembrava ascoltare il racconto come se il narratore non fosse sul palco ma al di fuori della scena e sarebbe stato impensabile far scoccare un applauso prima della fine, adesso invece lo spettacolo si compone di piu' momenti accompagnati, sottolineati e risolti dagli interventi musicali di chitarra acustica, fisarmonica e viola che siedono sul palco accanto ad Ascanio. Ascanio stesso non nega sguardi, intonazioni della voce, movimenti che coivolgono il pubblico più di quanto abbia mai percepito in un suo spettacolo.
A questo proposito devo aprire una parentesi: che culo che ho avuto! Deciso a spendere qualcosa di piu' per vedere lo spettacolo in platea piuttosto che in galleria, prenoto il biglietto al telefono e prego la voce dall'altro capo di darmi un posto buono. Venerdi sera scopro che la mia poltrona e' in seconda fila ed e' pure centrale! Proprio di fronte alla sedia su cui Ascanio fa lo spettacolo!
Le prime file non sono delle autorita' (Comune, Regione, Provincia e tutto il cucuzzaro sono come tutti gli altri se vogliono venire), per cui mi comincio a gustare lo spettacolo prima ancora che inizi (piccola nota: dietro di me e' seduto Gioele Dix).
Comunque, dicevo dello spettacolo: il registro e' diverso dal solito. La musica e' essenziale e, novita' delle novita' ... Ascanio canta. Canzoni spesso al limite del parlato, molto coinvolgenti e molto significative, naturalmente a corredo del racconto a cui seguono.
Il tema centrale e' il lavoro, il precariato e la condizione tragicamente surreale (che per questo puo' diventare sapientemente comica nella mani di Ascanio) a cui sono sotoposti i lavoratori al giorno d'oggi. Non mancano i riferimenti al costume sociale odierno e i momenti di riflessione introdotti d'improvviso con un'efficacia da premio Oscar. La voce di Ascanio, le musica e un uso sapientissimo delle luci rendono in un istante chiaro allo spettatore che tutto e' cambiato: quello seduto sulla sedia non e' piu' Ascanio che colloquia rilassato con gli amici ma e' un nuovo personaggio; il racconto entra nel registro dei soliti spettacoli: il colloquio e' finito, si puo' solo ascoltare ... e riflettere.
Ben intesi, non e' che negli altri momenti non si rifletta, persino e soprattutto quando si ride di cuore: solo che adesso siamo nell'altra dimensione.

Alla fine dello spettacolo non so quanti siano stati i minuti di applauso. So solo che le mie mani battevano da sole e che, mentre guardavo quell'artista che riceveva il meritato riconoscimento per quello che fa e come lo fa, mi sono scoperto a pensare "Cosa non farei per un'applauso come questo!"

Il cervo del passato

Recupero dal vecchio blog - 2 Maggio 2006

un anno e mezzo fa pubblicavo questo post dedicato ad una persona che, purtroppo, adesso non c'è più. Averle fatto questo piccolo omaggio mi da una piccola consolazione rispetto al grande rammarico di aver rimandato troppo a lungo il proposito di andare a trovarla.



Questa domenica voglio citare una poesia intera di un genio della satira politica e di costume: il poeta dialettale Trilussa. E' incredibile constatare come il significato delle sue poesie sia attualissimo anche oggi. Ho scelto una poesia per me particolarmente importante sia per quello che esprime, sia per quello che rappresenta nella mia crescita culturale. Fu la mia insegnante delle elementari - Maria Beni - a farci leggere questa poesia, ed è a lei che dedico questo post. La Signorina Beni (all'epoca non si usava dare della Signora a chi non era sposata) è stata e continua ad essere per me un grande esempio; non finirà mai di ringraziarLa per quanto mi ha insegnato, non solo dal punto di vista didattico, ma soprattutto da quello sociale e umano. Se tutte le maestre fossero come lei, l'Italia sarebbe un paese fatto da persone migliori. Ci vorrebbe un libro e non un post per poterlo spiegare.
Er cervo
Un vecchio Cervo un giorno sfasciò co' du' cornate
le staccionate che ciaveva intorno.
Giacchè me metti la rivoluzzione,
je disse l'Omo appena se n'accorse - te tajerò le corna,
e allora forse cambierai d'opinione...
No, - disse er Cervo - l'opinione resta
perchè er pensiero mio rimane quello:
me leverai le corna che ciò in testa,
ma no l'idee che tengo ner cervello.

Grazie Maestra!

martedì 20 novembre 2007

Mafia

Recupero dal vecchio blog - 29 Gennaio 2006
Ho comprato domenica "Gomorra" di Saviano. Ancora non l'ho aperto: devo essere pronto.
Di seguito uno dei post del vecchio blog che mi sembra in tema.


Come ogni domenica, è il turno della citazione. Questa volta non è una canzone, ma sono le parole di un magistrato che dice ciò che ormai è noto (purtroppo) a chi subisce, direttamente o meno, l'influenza della mafia sul sistema sociale italiano. " La mafia, è oggi diffusa, in modo consistente, anche in territori dov'era stata assente, pur continuando a privilegiare scelte operative meno clamorose e meno appariscenti. La criminalità organizzata, abbandonata ogni strategia di lotta armata continua a gestire i suoi interessi nell'area che le è più consona, e cioè nell'usura, nelle estorsioni, nella gestione degli appalti, nel traffico della droga, cioè in tutti quei campi nei quali la forza dell'intimidazione, il silenzio della vittima o la sua estorta collaborazione hanno un ruolo determinante nella esecuzione del delitto e nella garanzia della sua impunità."
Nicola Marvulli - Primo Presidente della Cassazione

La mafia non è più quella delle pallottole e del commissario Cattani, o, almeno non solo. E' penetrata nelle istituzioni, nell'economia, nella società . Adesso cresce ogni giorno senza fatica, senza clamore: i settori dell'economia più redditizi la alimentano, le istituzioni non la ostacolano, il tessuto sociale non si accorge della sua esistenza o, forse, ci si è abituato. Chi ha pensato la locandina del film "Il padrino", con la mano che regge i fili delle marionette, aveva visto giusto. Siamo in periodo di elezioni, eppure avete mai sentito un politico, uno solo parlare semplicemente del problema MAFIA? Fateci caso nelle prossime settimane fino ad Aprile: sentirete parlare di PIL, di pensioni, di adozioni, di sanità , di inflazione, di postidi lavoro e di tutto ciò che serve a dare a un discorso un effetto persuasivo. Della mafia, i politici italiani ogni tanto si sdegnano (in qualche incontro a tema organizzato da qualche associazione in prima linea, a cui partecipano per acquistare visibilità) e poi via di nuovo a immergersi nella meravigliosa commedia della campagna elettorale. Chi, come me, è cresciuto e vive in una città in cui la mafia (qui da noi prende il nome molto pittoresco di 'ndrangheta) è una realtà consolidata, avverte questo male invisibile nella sensazione di un futuro incerto, nella mancanza di aspirazioni, nell'umiliazione di dover percepire il diritto come favore, nell'illusione che questo stato di frustrazione possa svanire ... se si va a vivere da qualche altra parte ....

lunedì 19 novembre 2007

Ora comincio a farmi paura da solo!

Sono lusingato e impaurito.

Qualche giorno fa', il 12 di questo mese, scrivevo in merito all'uccisione dell'ultra' della lazio a cui hanno paffto seguito diversi episodi di guerriglia urbana. Il post e' quello intitolato "Prove tecniche di golpe"

Poi oggi vado a guardarmi il blog di Beppe Grillo (credo il piu' acceduto d'Italia) e trovo questo post.

Guardate le date!

Sono lusingato per aver anticipato cotanto blogger e nello stesso tempo sono impaurito dal fatto che quello che penso a volte non e' poi cosi' campato in aria! E siccome sono alquanto pessimista ...

venerdì 16 novembre 2007

CULTURA POPOLARE

Recupero dal vecchio blog: 20 Maggio 2006
Premessa.
Oggi e' il giorno giusto per ripubblicare un vecchio post: ieri sera infatti, dopo 1 anno e 5 mesi, ho avuto il piacere indescrivibile di poter assistere ad uno spettacolo di Ascanio Celestini al teatro Ciak di Milano.

Descrivere Ascanio e la sua arte e' estremamente difficile; o meglio, e' difficile rendere l'idea della genialita', dell'importanza e della intelligenza dei suoi spettacoli.
Ci provo, ma vi dico a priori che non ne sono capace:

Ascanio arriva sul palco. Da solo. La scenografia consiste in un paravento con una scritta e pochi oggetti a terra. Un cono di luce illumina solo lui, seduto su una sedia. Ascanio parla: racconta. Racconta senza mai fermarsi, racconta di uno due, tre ... cento personaggi, mille situazioni. Racconta in prima persona poi in terza, poi di nuovo in prima. Il palco sembra riempirsi di persone, la scenografia sembra cambiare in un batter d'occhio. Il pubblico ride, pensa, riflette e ride ancora. Ma quello di Ascanio non e' un monologo (tantomeno comico): quello di Ascanio e' un racconto. Un racconto fatto di una quantita' enorme di testimonianze e circostanze reali tenute insieme da un filo che e' insieme logico e fantastico. Ascanio racconta, e parla di cose serie, di cose tristi a volta ... ma piu' sono tristi e piu' c'e' da ridere: non per una battuta pero', per come il racconto stesso e' costruito, per come si viene coinvolti in un meccanismo di magistrale ironia e gioco che assomiglia, per quanto riguarda struttura e finalita', al meccanismo teatrale della satira. Cosi' come uno ad uno spettacolo comico-satirico (quelli veri pero') si ride e ci si diverte mentre si percepisce il malessere in cui si vive o gli inganni a cui si e' assoggettati, allo stesso modo, agli spettacoli di Ascanio si ride e si riflette su un periodo storico, il costume di una societa', la condizione di qualcuno.
Non c'e' umorismo: c'e' invece umore allegro. Non c'e' la risata figlia della voglia di divertirsi e dell'attesa della battuta: ci sono, invece, le risate (anche di gusto) che vengono fuori dal coinvolgimento nella storia che Ascanio racconta per due ore e della quale, alla fine, ognuno si sente spettatore al di fuori delle mura del teatro.
Se dovessi sintetizzare in poche parole la sensazione che si prova a sentire narrare Ascanio Celestini, direi senza dubbio che ascoltare i suoi racconti e' esattamente come leggere uno di quei libri le cui storie ci prendono e ci fanno essere voraci di pagine: e' come immergersi in quelle letture per cui quello che leggiamo lo vediamo e lo tocchiamo e poi, per sempre, abbiamo il ricordo di una cosa vissuta, non letta.

C'e' poco da dire: una persona che riesce ad attivare l'immaginazione degli altri cosi come solo i libri sanno fare, non puo' che essere un genio. Perche' geniale e' il modo di ottenere l'altro componente, che insieme con il libro, produce la lo stimolo alla lettura (e all'ascolto in questo caso): il nostro coinvolgimento.

A proposito: lo spettacolo di ieri era "Pecora Nera", quello che andro' a vedere, sempre al ciak, venerdi prossimo è "Appunti per un film sulla lotta di classe".
Vi faro sapere.

Quello che segue e' il vecchio post: l'avevo scambiata per cultura "popolare": e' cultura. E basta.

Roma 20/05/2006
Dopo il mio mese di letargo, mi risveglio grazie a uno degli esponenti del teatro popolare più interessanti e più intelligenti: Ascanio Celestini. Una metropoli come Roma sicuramente impone certi ritmi e certe abitudini che possono essere difficili da metabolizzare, ma, allo stesso tempo, è in grado di offrire occasioni uniche di arricchimento culturale e di aggregazione sociale. E così oggi, grazie alla soffiata del mio coinquilino (grazie Alessio!), che sa quanto mi interessa il teatro popolare e, in particolar modo, quello di Celestini, mi sono messo in moto verso Largo Spartaco. Largo Spartaco si trova in un quartiere popolare di Roma che conta 200000 abitanti: il Quadraro. Quartiere popolare a Roma significa qualcosa di completamente agli antipodi rispetto alla Roma a cui è abituato un turista: non la Roma del Colosseo, di piazza Venezia, di piazza di Spagna, dei Parioli, del Vaticano, quanto piuttosto una Roma che assomiglia a tante altre città , un quartiere che assomiglia tanti altri quartieri. In questa 'cornice' ho assistito alla performance artistica non di un attore, non di un cabarettista, non di un 'one man show' .... ma di un vero e proprio NARRATORE di racconti popolari: racconti tramandati oralmente, arrivati fino ai nostri giorni grazie alla memoria dei 'vecchi' e grazie alla passione delle persone come Ascanio. E pensare che una volta era questa la forma di spettacolo più diffusa: niente televisione, niente cinema, niente partite di calcio, niente concerti. Semplicemente una piazza, un narratore, un uditorio attento e coinvolto dai racconti che mescolano la fantasia con la realtà , la storia con la quotidianità ; le storie che sembrano parlare di nessuno e di tutti, ambientate in nessuno e in tutti i luoghi. Storie alla portata di chiunque e, nello stesso tempo, profonde, significative, utili. Questa CULTURA forse si sta perdendo, soffocata dalle nostre stesse abitudini, dallo stile di vita che conduciamo e dal sistema mediatico che ci ritroviamo e che è lieto di portare nelle nostre case i vari costantini-amicidimaria, gli eroi sconosciuti dell'ennesimo reality, i venerabili politici che (avranno fatto una scuola apposita) riescono a parlare per ore senza dire un cazzo! Il tutto per un costante e indisturbato processo di intorpidimento celebrale gentilmente offertoci dagli sponsor. Bene, dopo un pò di sane lamentele ... comunicazione di servizio: spero di non far passare un altro mese prima del prossimo post e mi riprometto, da domenica prossima (non domani) di riprendere la buona abitudine delle citazioni domenicali. Avviso importante: non perdetevi, domenica 4 giugno alle 14:30 su Rai3, la messa in onda di uno spettacolo teatrale di Ascanio Celestini: 'Scemo di guerra'. (Ogni tanto la tv serve ;))

giovedì 15 novembre 2007

Voci

Recupero dal vecchio blog: 16 Gennaio 2006
E' gia passata una settimana. Siamo di nuovo a domenica e rispetto il mio proposito di postare una citazione. Sebbene la canzone parli di tutt'altra cosa, i due versi che riporto mi fanno venire in mente lo stato di catalessi in cui si trovano gli studenti italiani: un movimento, quello studentesco, che avrebbe in numeri per far sentire la propria voce e che, invece, si sta abituando a subire passivamente le decisioni di chi, a colpi di decreti e riforme, infierisce su un sistema scolastico già malconcio. Gli scioperi studenteschi non fanno più notizia semplicemente perchè non ci sono più: si sono trasformati in allegri giorni di vacanza spensierati. Per me è emblematica la situazione che ho vissuto quasi un anno fà , quando ho partecipato a un'assemblea studentesca della mia facoltà in cui all'ordine del giorno c'era l'aumento delle tasse universitarie. Data l'importanza dell'argomento, mi aspettavo un'aula magna gremita. Eravamo una ventina (rappresentanti compresi). Se non abbiamo la voglia nemmeno di difendere i nostri diritti, che altro ci resta? Che cittadini potremo essere? C'è bisogno di usare l'arma più affilata: la VOCE.
"... voi avevate voci potenti
lingue allenate a battere il tamburo
voi avevate voci potenti
adatte
per il vaffanculo ..."

"La domenica delle salme"
- Fabrizio de Andrè.

mercoledì 14 novembre 2007

Come vedi

Recupero dal vecchio blog: 8 Gennaio 2006

E' mia intenzione, per ogni domenica che verrà , postare una citazione di una frase che mi abbia particolarmente colpito per la sua bellezza, per il suo significato o, più in generale per il suo potere espressivo. Molte di queste frasi possono venire fuori da una canzone, da una poesia, da un libro; oppure, più semplicemente, vengono colte mentre si fa la fila alla posta o ci si trova da un barbiere. A volte dirò qualcosa a riguardo, altre volte non ce ne sarà bisogno (come oggi). Volevo iniziare con qualcosa di profondo ed ho scelto uno dei miei cantautori preferiti: Francesco Guccini Ecco la frase, tratta dalla canzone Lettera, che non commento perchè non mi sento all'altezza :) (magari pensateci voi ... ) :
"... Come vedi tutto è¨ usuale,
solo che il tempo chiude la borsa
e c'è il sospetto che sia triviale
l'affanno e l'ansimo dopo una corsa,
l'ansia volgare del giorno dopo,
la fine triste della partita,
il lento scorrere senza uno scopo,
di questa cosa
che chiami
vita."

lunedì 12 novembre 2007

Prove tecniche di golpe

Non mi piace commentare le notizie di attualita', pero' ...

"I tifosi di Lazio e Roma uniti hanno assaltato una caserma, un posto di polizia, la sede del Coni e lo stadio Olimpico. Il bilancio: 40 feriti, il più grave è un funzionario colpito al fegato: 20 giorni di prognosi."
Unita' - 12/11/2007

Una morte apparentemente accidentale ha la capacita' di scatenare cose del genere.
Chi ha commesso azioni come quelle di ieri sera e' davvero cosi' stupido da non capire che non c'e' necessariamente una causa o una motivazione nella tragica morte di un individuo?
Basta questo a scatenare le folle contro le forze di polizia?
Cosa succedera' quando chi vuole tutto questo pensera' che i tempi sono maturi per inventarsi un nemico piu' facile da odiare e piu' "giustificatamente" attacabile?

La morte di un ragazzo fa' riflettere molto.
Ancora di piu' mi fa riflettere che due gruppi di ragazzi (non ragazzini, ma persone che 30 anni fa sarebbero state definite "uomini") trovino normale
"darsele di santa ragione" (La Repubblica 12/11/2007) in un autogrill per il solo fatto di avere due sciarpe diverse: se queste sono le motivazioni che muovo alla violenza delle persone che vivono in un contesto sociale evoluto e civilizzato, perche' dovrebbero impressionarci i genocidi e le guerre civili di popolazioni di paesi disperatamente poveri e senza una prospettiva di sviluppo?.

La gran parte del malessere dell'uomo ha origine dalla violenza: se questa diventa una consuetudine quotidiana, nei gesti, nelle parole, nelle azioni delle persone, fino a manifestarsi negli episodi che poi leggiamo sui giornali e guardiamo in tv, sara' difficile il progresso sociale di una nazione.



venerdì 9 novembre 2007

Li sorcetti

Vi siete mai chiesti come mai i politici che ci amministrano hanno diritti che reputano inconcepibile possano essere riconosciuti ai normali cittadini?

Vi siete mai chiesti come mai un cittadino condannato per alcuni reati non possa concorrere a impieghi nel settore pubblico, mentre un politico condannato puo' sedere in parlamento e legiferare pure?

Io me lo sono chiesto, senza sapermi dare una risposta.

Qualcuno se l'era chiesto prima di me e si e' dato la risposta:

Er sorcio de città e er sorcio de campagna
Un Sorcio ricco de la capitale
invitò a pranzo un Sorcio de campagna.
- Vedrai che bel locale,
vedrai come se magna...
- je disse er Sorcio ricco - Sentirai!
Antro che le caciotte de montagna!
Pasticci dorci, gnocchi,
timballi fatti apposta,
un pranzo co' li fiocchi! una cuccagna! -
L'istessa sera, er Sorcio de campagna,
ner traversà le sale
intravidde 'na trappola anniscosta;
- Collega, - disse - cominciamo male:
nun ce sarà pericolo che poi...?
- Macché, nun c'è paura:
- j'arispose l'amico - qui da noi
ce l'hanno messe pe' cojonatura.
In campagna, capisco, nun se scappa,
ché se piji un pochetto de farina
ciai la tajola pronta che t'acchiappa;
ma qui, se rubbi, nun avrai rimproveri.
Le trappole so' fatte pe' li micchi:1
ce vanno drento li sorcetti poveri,
mica ce vanno li sorcetti ricchi!
Trilussa

1: sciocchi

mercoledì 31 ottobre 2007

Il presidente si sposa!!!!!

Oggi mi sento di buon umore. Quasi inquieto per la contentezza.
Il motivo?
Il presidente del Reggio Calabria Linux User Group (uno dei piu' organizzati e affiatati LUG d'Italia, di cui io mi pregio di essere vice presidente) mi ha annunciato il suo matrimonio.
Per cui auguri a eddy22, per gli amici eddy, al secolo Pietro e alla sua futura sposa Gaia (a cui sono debitore di una buonissima cena).
Sono davvero contento per entrambi. Per eddy, perche' Gaia e' simpaticissima: di quelle persone che ti iniziano a stare simpatiche da subito; e poi anche perche' penso che sia l'unica donna al mondo (e con il termine donna si vogliono naturalmente escludere le "?donne?" che lavorano nel campo dell'informatica applicata) che conosce gli amici del proprio compagno anche per nick!!!!!
Per Gaia, perche' conosco il presidente e so che persona in gamba sia.
Ragazzi AUGURI! Sono felice per voi!

Un suggerimento per il nome del primogenito?
maxive ovviamente :D

lunedì 29 ottobre 2007

Qui non si sa piu' quanto stiamo antanto su questa tera!

Vestita interamente di nero, piercing al di sopra del naso in mezzo agli occhi, trucco accentuato fatto di colori funerei a nascondere la naturale solarita' degli occhi di una ragazza adolescente.
Capelli di un giallo ostentatamente fasullo, a tratti lunghi a tratti rasati fino alla cute.
E' seduta sul treno, in mano il cellulare collegato con gli auricolari ad ascoltare musica. Da sola.
Il cellulare squilla, quella specie di piccola premonizione data dal vibracall la fa rispondere in una frazione di secondo: e' Titta. Titta deve essere la sua amica del cuore, almeno a giudicare dall'entusiamo adolescenziale che si sprigiona dalla sua voce e dall'espressione del suo viso e che nessun fondo tinta puo' nascondere. Ha comprato la tinta viola a Torino, Titta deve assolutamente andare a casa sua stastera, per farle la tinta; si dopo cena va bene, poi stasera parleranno anche del concerto a Milano e del biglietto che "te lo regalo io, non ti preoccupare".
La telefonata si conclude. E' ancora visibilmente felice. Di quella felicita' pura, semplice, sincera: quel tipo di gioia che nessun acquisto, nessun regalo, nessun oggetto materiale ti puo' dare.
Se al posto mio, seduto sul treno, ci fosse stato un non vedente, avrebbe dato a quella voce entusiasta il volto di una ragazzina acqua e sapone, magari con il grembiule e il fiocco.
Adesso la musica continua a sentirla, ma la canticchia pure, chiudendo gli occhi.
Succede ancora: "Pronto! Ciao Titta!". Ancora Titta?
No. E' un'altra titta: tutte le sue amiche le chiama titta.
"Sto tornando... si ho comprato la tinta viola ... no viene stasera a casa mia ... no, non so se usciamo, magari dopo la tinta ... ciao titta ... ciao".
Il tono e' quello di prima: semplicemente contenta.
Passa qualche minuto, altro squillo. Stavolta niente entusiasmo, niente sorriso ... niente titta.
E' il padre della ragazza, che deve prenderla alla stazione: il colloquio ha dei toni depressi, il tono di voce della ragazza e' infastidito, sembra che le parole ascoltate la stanchino irrimediabilmente.
Mi dico che e' normale forse: quale adolescente non ha avuto il rifiuto dei propri genitori e delle loro idee" senza senso", dei loro discorsi "vecchi"?
E' solo che questa ragazza lo incarna quel sentimento che tutti abbiamo provato, con il suo abbigliamento e il suo modo di essere ... o forse di voler essere. Avrei voluto essere un bravo disegnatore, per fissare su un foglio quel volto che mi ha colpito tanto per cio' che rappresentava.

Col tempo si impara che a volte le idee dei propri genitori non sono cosi' "senza senso" e che i loro discorsi non sono cosi' "vecchi".

Un giorno forse lo scoprira' anche lei, come siamo destinati a scoprirlo, prima o poi, quasi tutti.

Ecco la strofa della canzone di Eric Clapton che mi ha ispirato
...
Then the light begins to shine and I hear those ancient lullabys.
And as I watched this seedling grow, feel my heart start to overflow
When will I learn the words to say? How do I teach him? What do we play?
If I did, I'd realize
That's when I need him, that's when I need my father's eyes.
...

My Father's Eyes - Eric Clapton

martedì 23 ottobre 2007

C'era una volta ....

C'era una volta l'automobile italiana: un prodotto di eccellenza che aveva pochi rivali. All'avanguardia nella tecnologia, nello stile, nella cura dei particolari, nella cura dell'immagine.
C'era una volta l'industria italiana che progettava queste automobili e le produceva seguendo la linea guida della qualita' e, soltanto dopo, del profitto.
C'era una volta il management italiano che mandava avanti quest'industria. Capitani d'azienda che non andavano a produrre in paesi con economie depresse per pagare 10 volte meno la classe operaia; che non "esternalizzavano" qualsiasi attivita' producendo un sitema lavoro surreale e sballato; che contemplavano, all'interno dell'azienda, ruoli quali l'"istruttore".
Oggi suona strano: "Che lavoro fai?" - "L'istruttore del reparto assistenza".
Eppure queste erano frasi che si potevano sentire quarant'anni fa, quando il primo principio trainante di un'industria era lo sviluppo.
Gli istruttori oggi?
Oggi ti volgiono neolaureato, con gia' 4 anni di esperienza e la croce d'argento al merito per aver salvato 300 persone da uno tzumami.

Comunque (come al solito mi lascio trasportare), queste industrie, queste persone, questi lavoratori li ho letteralmente "respirati" nella visita che ho avuto il privilegio di poter fare presso uno dei padiglioni della fabbrica della Lancia di Via Caraglio a Torino (in cui sto lavorando e che presto verra' rasa al suolo): 4 ore indimenticabili di storia dell'automobile Lancia raccontata dal Dott. Masala, a cui va la mia gratitudine.

Ho fatto centinaia di foto che spero di rendere disponibili al piu' presto sul mio account flickr.

Far finta di essere sani

Vivere, non riesco a vivere
ma la mente mi autorizza a credere
che una storia mia, positiva o no
è qualcosa che sta dentro la realtà.

Nel dubbio mi compro una moto
telaio e manubrio cromato
con tanti pistoni, bottoni e accessori più strani
far finta di essere sani.

Far finta di essere insieme a una donna normale
che riesce anche ad esser fedele
comprando sottane, collane, creme per mani
far finta di essere sani.
Far finta di essere...

Liberi, sentirsi liberi
forse per un attimo è possibile
ma che senso ha se è cosciente in me
la misura della mia inutilità.

Per ora rimando il suicidio
e faccio un gruppo di studio
le masse, la lotta di classe, i testi gramsciani
far finta di essere sani.

Far finta di essere un uomo con tanta energia
che va a realizzarsi in India o in Turchia
il suo salvataggio è un viaggio in luoghi lontani
far finta di essere sani.
Far finta di essere...

Vanno, tutte le coppie vanno
vanno la mano nella mano
vanno, anche le cose vanno
vanno, migliorano piano piano
le fabbriche, gli ospedali
le autostrade, gli asili comunali
e vedo bambini cantare
in fila li portano al mare
non sanno se ridere o piangere
batton le mani.
Far finta di essere sani.
Far finta di essere sani.
Far finta di essere sani.

Gaber - Luporini
1973

giovedì 18 ottobre 2007

La macchinetta del caffe'

Forse non tutti sanno che ... ogni tanto mi piace scrivere delle poesie. Attenzione pero': non delle poesie impegnate che vengono fuori da eremitaggi intellettuali; non delle poesie d'impegno sociale intrise di amarezza e di speranza; e nemmeno poesie del tipo "il fiore dell'amore del mio cuore...".
Niente di tutto questo. Le mie poesie sono carmi, scritti in un linguaggio pseudoarcaico che si rifa' al volgare.
Per quanto riguarda la metrica, sono quartine di endecassilabili (liberamente non rispettati) con schemi delle rime per lo piu' di tipo alternato.
Ora, non e' che scrivo endecasillabi perche sono pazzo ... oddio... quanto perche' a volte mi piace lasciare traccia di un avvenimento o di una situazione in questo modo e condividerli con qualcuno.
Nel tempo mi sono "commercializzato" e a volte scrivo i carmi su commissione: quando un collega lascia l'ufficio per un nuovo lavoro, quando si festeggia qualcosa, ecc... Ovviamente senza fini di lucro.
Ho scoeprto che negli anni, inevitabilmente, i file con i carmi vanno perduti nei vari incidenti ai miei hard disk, nei passaggi di computer e via di seguito. Peccato.
Speriamo che mettendoli su un blog, il cui spazio fisico di memorizzazione e' gestito da Google, possano durare un po' di piu'.
Eccone uno.
Per capirlo va introdotta la situazione: in ufficio ci sono dei didtributori di bevande, cibo confezionato e porcherie varie. Il distributore deputato all'erogazione del caffe' e affini (detto "la macchinetta del caffe'") e' solito, ogni tanto, non accreditare le monete inserite sulla chievetta che consente l'erogazione: si mangia i soldi.
Ora, a fronte di questi episodi spiacevoli e ripetuti, e' consuetudine degli avventori di incollare sulla macchinetta un post-it con sopra il nome, il numero di stanza e l'importo defraudato. A intervalli regolari passa l'addetto dei distributori (detto in tutto il mondo "l'omino della macchinetta") e, dopo essersi sincerato della veridicita' di quanto scritto nei foglietti (i soldi "mangiati" in realta' cadono fuori dal contenitore apposito interno), restitusce il maltolto a ognuno.
Capita, a volte, che dei post-it scherzosi siano attaccati alla macchinetta, per cui l'omino deve leggere i foglietti, scartare quelli fallocchi e fare il giro dei creditori.
Si sa' che ogni tanto ognuno di noi ha un giorno storto: fatto sta che un giorno l'omino, esasperato dai fogliettini, strappo' via il mio post-it (scherzoso ma reale) e non mi consegno' la somma che mi spettava!
Inutile consumarsi il fegato per qualche spicciolo: meglio cogliere l'occasione per affiggere sulla macchinetta, con una striscia di adesivo su ogni lato, un foglio recante la seguente invettiva (sempre scherzosa ... ovviamente).


Canterovvi di mi sorte amara
che negommi lo gusto di bevanda:
di erogarla macchinetta fu si avara
pur s'io assolsi di moneta la domanda.

Ah, di delusion si forte
su rosea pergamen traccia lasciai;

eppure mie ragion non furon colte
e quel che dimandai non ebbi mai!


Anatema su di te feral congegno!
Che di consulente pecunia ti nutristi!
Gia' piu' non chiedero' lo tuo sostegno,
che altro consulente si rattristi!

mercoledì 17 ottobre 2007

Restart

Il mio vecchio blog e' da un po' offline. Lo spiacevole inconveniente è stato dovuto, in un primo momento, all'avaria del mio server casalingo su cui risiede il blog stesso e, in un secondo momento, ai problemi tecnici della mia linea adsl (si ringrazia Telecom per la prontezza e la solerzia: e' da più di un mese che sono senza linea adsl).
Allora mi sono deciso, ultimo a spronarmi l'amico Mario, a mettere su un blog su hosting (aggratise naturalmente) . Il mio progetto iniziale era migrare il blog cosi' com'era ma, per ricominciare a scrivre subito, apro questo nuovo blog e, man mano, recuperero' i vecchi post e li ripubblichero'.

Potete raggiongere questo nuovo blog attraverso l'indirizzo che vedete nella barra degli indirizzi o anche attraverso quello vecchio (http://maxiveblog.ath.cx) : in questo modo tutti i magnanimi amici che hanno messo un link al mio blog sul loro blog/sito potranno lasciarlo e non preoccuparsi di aggiornarlo.

A presto
maxive