venerdì 30 novembre 2007

1000 anni di governo!

Recupero vecchio blog - 5 febbraio 2006
Dopo aver assistito in uno stato di ipnosi alla lettura del quinto Canto dell'Inferno da parte di Roberto Benigni, non posso non riproporre questo post che pubblicai sul mio vecchio blog.
All'epoca il governo era ancora nelle mani (oltre che nelle tasche) di Silvio Berlusconi ed io fui illuminato dalla lettura di due terzine dello stesso canto. Se ci avete fatto caso, vi accorgerete che anche Benigni ieri sera ha fatto un piccolo accenno a quello di cui parlai io nel post; ma ieri l'argomento principe era l'amore, al contempo dannazione e salvezza: Roberto Benigni ha spiegato con inimitabile capacita' questa sorta di paradosso, tanto da renderlo facilmente comprensibile. Era giusto, quindi, che questo grande artista, nell'enfasi del suo commentare i versi, facesse solo un accenno a cio' che, ripescando il vecchio post, voglio farvi notare io ...


Sono passate due settimane senza che postassi niente: che vegogna! Manco fossi un cardiochirurgo di ER! Del resto la pigrizia è difficile da combattere. Comunque, per fortuna ieri sera, prima di addormentarmi, leggevo qualcosa che mi ha fatto tornare l'ispirazione per postare. Piccola introduzione ai fatti: Ci sono due cose che mi piace fare. La prima è rileggere i libri che sono stato costretto a leggere durante gli anni di scuola; ve lo consiglio: è come guardare la tv a colori dopo averla vista in bianco e nero. La seconda è trovare in quello che leggo situazioni o sensazioni che possano essere riportate (in alcuni casi adattandole, in altri no) al giorno d'oggi. Detto questo, sarà chiaro perchè ieri sera, rileggendo la Divina Commedia, mi hanno colpito 6 versi in particolare:
"La prima di color di cui novelle
tu vuo' saper", mi disse quelli allotta,
"fu imperadrice di molte favelle.
Al vizio di lussuria fu sì rotta
che libito fè licito in sua legge,
per torre biasmo in che era condotta.
Ell'è Seramìs ...."

Questi versi sono tratti da un canto famosissimo: il quinto dell'Inferno (quello di Paolo e Francesca). Forse per questo quando li studiai a scuola nè io, nè nessuno dei miei compagni, nè la professoressa li collegammo a niente di particolarmnte attuale e andammo a leggere con più attenzione "Amor ch' a nullo amato amar perdona, ...." Ma adesso la situazione è cambiata. Al governo c'è quel tizio della foto e ....
tac ... scatta il collegamento immediato. Mi spiego. In questi 6 versi Dante racconta che Virgilio (quelli) gli stesse parlando di una dannata nel cerchio dei lussuriosi: Semiramide. Semiramide era regina degli Assiri nel XII secolo e fu [questo significano i versi] a tal punto lussuriosa e dedita al vizio, che decretò essere lecito per legge ciò che piacesse (libito) per cancellar (torre) il biasimo in cui era incorsa per la sua condotta. Bene. Ora fate le dovute proporzioni.

Lussuria => falso in bilancio
Biasimo => galera
Semiramide => Berlusconi

Dodici anni fà , in quell'aula di liceo, lessi con attenzione di Paolo e Francesca: non potevo ancora nemmeno immaginare cosa sarebbe successo poco tempo dopo..... e quanto avrei capito bene oggi quei sei versi.

martedì 27 novembre 2007

Invito alla lettura ...

Dato che possiamo dire che in Italia l'informazione televisiva e' quasi nulla, volevo invitarvi a leggere tre paginette scarse che riassumono con chiarezza (finalmente) quella che e' stata la vicenda De Magristris.
Averla percepita dagli organi di informazione televisiva (ma anche di stampa) credo sia stato impossibile: il ruolo del giornalista oggi, infatti, non e' tanto informare, ossia portare a conoscenza dei fatti, quanto scrivere, scrivere, scrivere dell'opinione di uno e del giudizio di quell'altro ... giusto per confondere le idee, e soprattutto, servire il padrone.
Potete leggere qui il documento a cui mi riferisco.

lunedì 26 novembre 2007

Cosa non farei ...

Venerdi scorso sono tornato al teatro Ciak di MIlano per un altro spettacolo ("Appunti per un film sulla lotta di classe") del grande Ascanio Celestini. Di Ascanio ho gia' parlato qualche post fa in occasione dell'altro spettacolo che ho visto, per cui dico due parole sullo spettacolo (tentando di imitare le doti critiche che l'amico Mario esprime in maniera eccelsa nel suo blog che trovate tra i link a destra.

Lo spettacolo e' strutturato in maniera leggermente differente rispetto alle altre rappresentazioni di Celestini: il racconto, anzi, i racconti, fanno come al solito da portante, mentre il tono e' leggermente meno narrativo e piacevolmente piu' colloquiale. Ho notato infatti che, a differenza di "Pecora nera" o "Scemo di Guerra", in cui il racconto era in una specie di dimensione a parte senza tempo, in cui lo spettatore sembrava ascoltare il racconto come se il narratore non fosse sul palco ma al di fuori della scena e sarebbe stato impensabile far scoccare un applauso prima della fine, adesso invece lo spettacolo si compone di piu' momenti accompagnati, sottolineati e risolti dagli interventi musicali di chitarra acustica, fisarmonica e viola che siedono sul palco accanto ad Ascanio. Ascanio stesso non nega sguardi, intonazioni della voce, movimenti che coivolgono il pubblico più di quanto abbia mai percepito in un suo spettacolo.
A questo proposito devo aprire una parentesi: che culo che ho avuto! Deciso a spendere qualcosa di piu' per vedere lo spettacolo in platea piuttosto che in galleria, prenoto il biglietto al telefono e prego la voce dall'altro capo di darmi un posto buono. Venerdi sera scopro che la mia poltrona e' in seconda fila ed e' pure centrale! Proprio di fronte alla sedia su cui Ascanio fa lo spettacolo!
Le prime file non sono delle autorita' (Comune, Regione, Provincia e tutto il cucuzzaro sono come tutti gli altri se vogliono venire), per cui mi comincio a gustare lo spettacolo prima ancora che inizi (piccola nota: dietro di me e' seduto Gioele Dix).
Comunque, dicevo dello spettacolo: il registro e' diverso dal solito. La musica e' essenziale e, novita' delle novita' ... Ascanio canta. Canzoni spesso al limite del parlato, molto coinvolgenti e molto significative, naturalmente a corredo del racconto a cui seguono.
Il tema centrale e' il lavoro, il precariato e la condizione tragicamente surreale (che per questo puo' diventare sapientemente comica nella mani di Ascanio) a cui sono sotoposti i lavoratori al giorno d'oggi. Non mancano i riferimenti al costume sociale odierno e i momenti di riflessione introdotti d'improvviso con un'efficacia da premio Oscar. La voce di Ascanio, le musica e un uso sapientissimo delle luci rendono in un istante chiaro allo spettatore che tutto e' cambiato: quello seduto sulla sedia non e' piu' Ascanio che colloquia rilassato con gli amici ma e' un nuovo personaggio; il racconto entra nel registro dei soliti spettacoli: il colloquio e' finito, si puo' solo ascoltare ... e riflettere.
Ben intesi, non e' che negli altri momenti non si rifletta, persino e soprattutto quando si ride di cuore: solo che adesso siamo nell'altra dimensione.

Alla fine dello spettacolo non so quanti siano stati i minuti di applauso. So solo che le mie mani battevano da sole e che, mentre guardavo quell'artista che riceveva il meritato riconoscimento per quello che fa e come lo fa, mi sono scoperto a pensare "Cosa non farei per un'applauso come questo!"

Il cervo del passato

Recupero dal vecchio blog - 2 Maggio 2006

un anno e mezzo fa pubblicavo questo post dedicato ad una persona che, purtroppo, adesso non c'è più. Averle fatto questo piccolo omaggio mi da una piccola consolazione rispetto al grande rammarico di aver rimandato troppo a lungo il proposito di andare a trovarla.



Questa domenica voglio citare una poesia intera di un genio della satira politica e di costume: il poeta dialettale Trilussa. E' incredibile constatare come il significato delle sue poesie sia attualissimo anche oggi. Ho scelto una poesia per me particolarmente importante sia per quello che esprime, sia per quello che rappresenta nella mia crescita culturale. Fu la mia insegnante delle elementari - Maria Beni - a farci leggere questa poesia, ed è a lei che dedico questo post. La Signorina Beni (all'epoca non si usava dare della Signora a chi non era sposata) è stata e continua ad essere per me un grande esempio; non finirà mai di ringraziarLa per quanto mi ha insegnato, non solo dal punto di vista didattico, ma soprattutto da quello sociale e umano. Se tutte le maestre fossero come lei, l'Italia sarebbe un paese fatto da persone migliori. Ci vorrebbe un libro e non un post per poterlo spiegare.
Er cervo
Un vecchio Cervo un giorno sfasciò co' du' cornate
le staccionate che ciaveva intorno.
Giacchè me metti la rivoluzzione,
je disse l'Omo appena se n'accorse - te tajerò le corna,
e allora forse cambierai d'opinione...
No, - disse er Cervo - l'opinione resta
perchè er pensiero mio rimane quello:
me leverai le corna che ciò in testa,
ma no l'idee che tengo ner cervello.

Grazie Maestra!

martedì 20 novembre 2007

Mafia

Recupero dal vecchio blog - 29 Gennaio 2006
Ho comprato domenica "Gomorra" di Saviano. Ancora non l'ho aperto: devo essere pronto.
Di seguito uno dei post del vecchio blog che mi sembra in tema.


Come ogni domenica, è il turno della citazione. Questa volta non è una canzone, ma sono le parole di un magistrato che dice ciò che ormai è noto (purtroppo) a chi subisce, direttamente o meno, l'influenza della mafia sul sistema sociale italiano. " La mafia, è oggi diffusa, in modo consistente, anche in territori dov'era stata assente, pur continuando a privilegiare scelte operative meno clamorose e meno appariscenti. La criminalità organizzata, abbandonata ogni strategia di lotta armata continua a gestire i suoi interessi nell'area che le è più consona, e cioè nell'usura, nelle estorsioni, nella gestione degli appalti, nel traffico della droga, cioè in tutti quei campi nei quali la forza dell'intimidazione, il silenzio della vittima o la sua estorta collaborazione hanno un ruolo determinante nella esecuzione del delitto e nella garanzia della sua impunità."
Nicola Marvulli - Primo Presidente della Cassazione

La mafia non è più quella delle pallottole e del commissario Cattani, o, almeno non solo. E' penetrata nelle istituzioni, nell'economia, nella società . Adesso cresce ogni giorno senza fatica, senza clamore: i settori dell'economia più redditizi la alimentano, le istituzioni non la ostacolano, il tessuto sociale non si accorge della sua esistenza o, forse, ci si è abituato. Chi ha pensato la locandina del film "Il padrino", con la mano che regge i fili delle marionette, aveva visto giusto. Siamo in periodo di elezioni, eppure avete mai sentito un politico, uno solo parlare semplicemente del problema MAFIA? Fateci caso nelle prossime settimane fino ad Aprile: sentirete parlare di PIL, di pensioni, di adozioni, di sanità , di inflazione, di postidi lavoro e di tutto ciò che serve a dare a un discorso un effetto persuasivo. Della mafia, i politici italiani ogni tanto si sdegnano (in qualche incontro a tema organizzato da qualche associazione in prima linea, a cui partecipano per acquistare visibilità) e poi via di nuovo a immergersi nella meravigliosa commedia della campagna elettorale. Chi, come me, è cresciuto e vive in una città in cui la mafia (qui da noi prende il nome molto pittoresco di 'ndrangheta) è una realtà consolidata, avverte questo male invisibile nella sensazione di un futuro incerto, nella mancanza di aspirazioni, nell'umiliazione di dover percepire il diritto come favore, nell'illusione che questo stato di frustrazione possa svanire ... se si va a vivere da qualche altra parte ....

lunedì 19 novembre 2007

Ora comincio a farmi paura da solo!

Sono lusingato e impaurito.

Qualche giorno fa', il 12 di questo mese, scrivevo in merito all'uccisione dell'ultra' della lazio a cui hanno paffto seguito diversi episodi di guerriglia urbana. Il post e' quello intitolato "Prove tecniche di golpe"

Poi oggi vado a guardarmi il blog di Beppe Grillo (credo il piu' acceduto d'Italia) e trovo questo post.

Guardate le date!

Sono lusingato per aver anticipato cotanto blogger e nello stesso tempo sono impaurito dal fatto che quello che penso a volte non e' poi cosi' campato in aria! E siccome sono alquanto pessimista ...

venerdì 16 novembre 2007

CULTURA POPOLARE

Recupero dal vecchio blog: 20 Maggio 2006
Premessa.
Oggi e' il giorno giusto per ripubblicare un vecchio post: ieri sera infatti, dopo 1 anno e 5 mesi, ho avuto il piacere indescrivibile di poter assistere ad uno spettacolo di Ascanio Celestini al teatro Ciak di Milano.

Descrivere Ascanio e la sua arte e' estremamente difficile; o meglio, e' difficile rendere l'idea della genialita', dell'importanza e della intelligenza dei suoi spettacoli.
Ci provo, ma vi dico a priori che non ne sono capace:

Ascanio arriva sul palco. Da solo. La scenografia consiste in un paravento con una scritta e pochi oggetti a terra. Un cono di luce illumina solo lui, seduto su una sedia. Ascanio parla: racconta. Racconta senza mai fermarsi, racconta di uno due, tre ... cento personaggi, mille situazioni. Racconta in prima persona poi in terza, poi di nuovo in prima. Il palco sembra riempirsi di persone, la scenografia sembra cambiare in un batter d'occhio. Il pubblico ride, pensa, riflette e ride ancora. Ma quello di Ascanio non e' un monologo (tantomeno comico): quello di Ascanio e' un racconto. Un racconto fatto di una quantita' enorme di testimonianze e circostanze reali tenute insieme da un filo che e' insieme logico e fantastico. Ascanio racconta, e parla di cose serie, di cose tristi a volta ... ma piu' sono tristi e piu' c'e' da ridere: non per una battuta pero', per come il racconto stesso e' costruito, per come si viene coinvolti in un meccanismo di magistrale ironia e gioco che assomiglia, per quanto riguarda struttura e finalita', al meccanismo teatrale della satira. Cosi' come uno ad uno spettacolo comico-satirico (quelli veri pero') si ride e ci si diverte mentre si percepisce il malessere in cui si vive o gli inganni a cui si e' assoggettati, allo stesso modo, agli spettacoli di Ascanio si ride e si riflette su un periodo storico, il costume di una societa', la condizione di qualcuno.
Non c'e' umorismo: c'e' invece umore allegro. Non c'e' la risata figlia della voglia di divertirsi e dell'attesa della battuta: ci sono, invece, le risate (anche di gusto) che vengono fuori dal coinvolgimento nella storia che Ascanio racconta per due ore e della quale, alla fine, ognuno si sente spettatore al di fuori delle mura del teatro.
Se dovessi sintetizzare in poche parole la sensazione che si prova a sentire narrare Ascanio Celestini, direi senza dubbio che ascoltare i suoi racconti e' esattamente come leggere uno di quei libri le cui storie ci prendono e ci fanno essere voraci di pagine: e' come immergersi in quelle letture per cui quello che leggiamo lo vediamo e lo tocchiamo e poi, per sempre, abbiamo il ricordo di una cosa vissuta, non letta.

C'e' poco da dire: una persona che riesce ad attivare l'immaginazione degli altri cosi come solo i libri sanno fare, non puo' che essere un genio. Perche' geniale e' il modo di ottenere l'altro componente, che insieme con il libro, produce la lo stimolo alla lettura (e all'ascolto in questo caso): il nostro coinvolgimento.

A proposito: lo spettacolo di ieri era "Pecora Nera", quello che andro' a vedere, sempre al ciak, venerdi prossimo è "Appunti per un film sulla lotta di classe".
Vi faro sapere.

Quello che segue e' il vecchio post: l'avevo scambiata per cultura "popolare": e' cultura. E basta.

Roma 20/05/2006
Dopo il mio mese di letargo, mi risveglio grazie a uno degli esponenti del teatro popolare più interessanti e più intelligenti: Ascanio Celestini. Una metropoli come Roma sicuramente impone certi ritmi e certe abitudini che possono essere difficili da metabolizzare, ma, allo stesso tempo, è in grado di offrire occasioni uniche di arricchimento culturale e di aggregazione sociale. E così oggi, grazie alla soffiata del mio coinquilino (grazie Alessio!), che sa quanto mi interessa il teatro popolare e, in particolar modo, quello di Celestini, mi sono messo in moto verso Largo Spartaco. Largo Spartaco si trova in un quartiere popolare di Roma che conta 200000 abitanti: il Quadraro. Quartiere popolare a Roma significa qualcosa di completamente agli antipodi rispetto alla Roma a cui è abituato un turista: non la Roma del Colosseo, di piazza Venezia, di piazza di Spagna, dei Parioli, del Vaticano, quanto piuttosto una Roma che assomiglia a tante altre città , un quartiere che assomiglia tanti altri quartieri. In questa 'cornice' ho assistito alla performance artistica non di un attore, non di un cabarettista, non di un 'one man show' .... ma di un vero e proprio NARRATORE di racconti popolari: racconti tramandati oralmente, arrivati fino ai nostri giorni grazie alla memoria dei 'vecchi' e grazie alla passione delle persone come Ascanio. E pensare che una volta era questa la forma di spettacolo più diffusa: niente televisione, niente cinema, niente partite di calcio, niente concerti. Semplicemente una piazza, un narratore, un uditorio attento e coinvolto dai racconti che mescolano la fantasia con la realtà , la storia con la quotidianità ; le storie che sembrano parlare di nessuno e di tutti, ambientate in nessuno e in tutti i luoghi. Storie alla portata di chiunque e, nello stesso tempo, profonde, significative, utili. Questa CULTURA forse si sta perdendo, soffocata dalle nostre stesse abitudini, dallo stile di vita che conduciamo e dal sistema mediatico che ci ritroviamo e che è lieto di portare nelle nostre case i vari costantini-amicidimaria, gli eroi sconosciuti dell'ennesimo reality, i venerabili politici che (avranno fatto una scuola apposita) riescono a parlare per ore senza dire un cazzo! Il tutto per un costante e indisturbato processo di intorpidimento celebrale gentilmente offertoci dagli sponsor. Bene, dopo un pò di sane lamentele ... comunicazione di servizio: spero di non far passare un altro mese prima del prossimo post e mi riprometto, da domenica prossima (non domani) di riprendere la buona abitudine delle citazioni domenicali. Avviso importante: non perdetevi, domenica 4 giugno alle 14:30 su Rai3, la messa in onda di uno spettacolo teatrale di Ascanio Celestini: 'Scemo di guerra'. (Ogni tanto la tv serve ;))

giovedì 15 novembre 2007

Voci

Recupero dal vecchio blog: 16 Gennaio 2006
E' gia passata una settimana. Siamo di nuovo a domenica e rispetto il mio proposito di postare una citazione. Sebbene la canzone parli di tutt'altra cosa, i due versi che riporto mi fanno venire in mente lo stato di catalessi in cui si trovano gli studenti italiani: un movimento, quello studentesco, che avrebbe in numeri per far sentire la propria voce e che, invece, si sta abituando a subire passivamente le decisioni di chi, a colpi di decreti e riforme, infierisce su un sistema scolastico già malconcio. Gli scioperi studenteschi non fanno più notizia semplicemente perchè non ci sono più: si sono trasformati in allegri giorni di vacanza spensierati. Per me è emblematica la situazione che ho vissuto quasi un anno fà , quando ho partecipato a un'assemblea studentesca della mia facoltà in cui all'ordine del giorno c'era l'aumento delle tasse universitarie. Data l'importanza dell'argomento, mi aspettavo un'aula magna gremita. Eravamo una ventina (rappresentanti compresi). Se non abbiamo la voglia nemmeno di difendere i nostri diritti, che altro ci resta? Che cittadini potremo essere? C'è bisogno di usare l'arma più affilata: la VOCE.
"... voi avevate voci potenti
lingue allenate a battere il tamburo
voi avevate voci potenti
adatte
per il vaffanculo ..."

"La domenica delle salme"
- Fabrizio de Andrè.

mercoledì 14 novembre 2007

Come vedi

Recupero dal vecchio blog: 8 Gennaio 2006

E' mia intenzione, per ogni domenica che verrà , postare una citazione di una frase che mi abbia particolarmente colpito per la sua bellezza, per il suo significato o, più in generale per il suo potere espressivo. Molte di queste frasi possono venire fuori da una canzone, da una poesia, da un libro; oppure, più semplicemente, vengono colte mentre si fa la fila alla posta o ci si trova da un barbiere. A volte dirò qualcosa a riguardo, altre volte non ce ne sarà bisogno (come oggi). Volevo iniziare con qualcosa di profondo ed ho scelto uno dei miei cantautori preferiti: Francesco Guccini Ecco la frase, tratta dalla canzone Lettera, che non commento perchè non mi sento all'altezza :) (magari pensateci voi ... ) :
"... Come vedi tutto è¨ usuale,
solo che il tempo chiude la borsa
e c'è il sospetto che sia triviale
l'affanno e l'ansimo dopo una corsa,
l'ansia volgare del giorno dopo,
la fine triste della partita,
il lento scorrere senza uno scopo,
di questa cosa
che chiami
vita."

lunedì 12 novembre 2007

Prove tecniche di golpe

Non mi piace commentare le notizie di attualita', pero' ...

"I tifosi di Lazio e Roma uniti hanno assaltato una caserma, un posto di polizia, la sede del Coni e lo stadio Olimpico. Il bilancio: 40 feriti, il più grave è un funzionario colpito al fegato: 20 giorni di prognosi."
Unita' - 12/11/2007

Una morte apparentemente accidentale ha la capacita' di scatenare cose del genere.
Chi ha commesso azioni come quelle di ieri sera e' davvero cosi' stupido da non capire che non c'e' necessariamente una causa o una motivazione nella tragica morte di un individuo?
Basta questo a scatenare le folle contro le forze di polizia?
Cosa succedera' quando chi vuole tutto questo pensera' che i tempi sono maturi per inventarsi un nemico piu' facile da odiare e piu' "giustificatamente" attacabile?

La morte di un ragazzo fa' riflettere molto.
Ancora di piu' mi fa riflettere che due gruppi di ragazzi (non ragazzini, ma persone che 30 anni fa sarebbero state definite "uomini") trovino normale
"darsele di santa ragione" (La Repubblica 12/11/2007) in un autogrill per il solo fatto di avere due sciarpe diverse: se queste sono le motivazioni che muovo alla violenza delle persone che vivono in un contesto sociale evoluto e civilizzato, perche' dovrebbero impressionarci i genocidi e le guerre civili di popolazioni di paesi disperatamente poveri e senza una prospettiva di sviluppo?.

La gran parte del malessere dell'uomo ha origine dalla violenza: se questa diventa una consuetudine quotidiana, nei gesti, nelle parole, nelle azioni delle persone, fino a manifestarsi negli episodi che poi leggiamo sui giornali e guardiamo in tv, sara' difficile il progresso sociale di una nazione.



venerdì 9 novembre 2007

Li sorcetti

Vi siete mai chiesti come mai i politici che ci amministrano hanno diritti che reputano inconcepibile possano essere riconosciuti ai normali cittadini?

Vi siete mai chiesti come mai un cittadino condannato per alcuni reati non possa concorrere a impieghi nel settore pubblico, mentre un politico condannato puo' sedere in parlamento e legiferare pure?

Io me lo sono chiesto, senza sapermi dare una risposta.

Qualcuno se l'era chiesto prima di me e si e' dato la risposta:

Er sorcio de città e er sorcio de campagna
Un Sorcio ricco de la capitale
invitò a pranzo un Sorcio de campagna.
- Vedrai che bel locale,
vedrai come se magna...
- je disse er Sorcio ricco - Sentirai!
Antro che le caciotte de montagna!
Pasticci dorci, gnocchi,
timballi fatti apposta,
un pranzo co' li fiocchi! una cuccagna! -
L'istessa sera, er Sorcio de campagna,
ner traversà le sale
intravidde 'na trappola anniscosta;
- Collega, - disse - cominciamo male:
nun ce sarà pericolo che poi...?
- Macché, nun c'è paura:
- j'arispose l'amico - qui da noi
ce l'hanno messe pe' cojonatura.
In campagna, capisco, nun se scappa,
ché se piji un pochetto de farina
ciai la tajola pronta che t'acchiappa;
ma qui, se rubbi, nun avrai rimproveri.
Le trappole so' fatte pe' li micchi:1
ce vanno drento li sorcetti poveri,
mica ce vanno li sorcetti ricchi!
Trilussa

1: sciocchi