giovedì 14 febbraio 2008

La sanita' secondo maxive

Recuperi vecchio blog
24 Novembre 2006 / 1 Dicembre 2006


Due vecchi post in un colpo solo.
Sono il prima e il dopo di un'esperienza mia personale: un'operazione a cui mi sono sottoposto in una struttura sanitaria pubblica ... del meridione (di Reggio Calabria precisamente).

24/11/06 Basta che c'e' la salute
Fra qualche ora mi sottoporro' al mio primo (e spero ultimo unico e solo) intervento chirurgico. In realta' e' qualcosa di abbastanza banale (toccatina di rito): asportazione del menisco ormai in sciopero per via dei troppi traumi sopportati. Niente considerazioni sul sistema sanitario nazionale, sul malessere dei degenti o sulla fame nel mondo: niente di tutto questo (mi sono reso conto che non posto mai cose divertenti!) Per cui, nell'attesa di poter rimettere mano al pc per un nuovo post, vorrei chiudere con una serie di citazioni che rappresentano un buon campionario delle frasi che prima o poi tutti ci siamo sentiti dire da familiari o amici in relazione a benessere e salute. Raccomandazione di mia madre quando vado (o, meglio, andavo) a fare sport
Non ti ammazzare!
Raccomandazione della mia ragazza prima delle partite di calcetto
Non ti fare male!
Raccomandazione di mio padre in qualsiasi occasione
Guardati la salute!

Raccomandazione di mia zia quando mi sa in viaggio
Prendi l'aereo? E se cade!?!


Per finire, una massima di vita del mio amico Pietro (aka eddy22) che nella vita si occupa di sicurezza (in ambito informatico) e che, come me, ha una spiccata sensibilita' per le problematiche di disaster recovery: Massimo, ricorda. Nella vita due sono le cose importanti: i backup e la salute!


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01/12/06 Riecchime
Rieccomi sano e salvo dopo un intervento che nei paesi civilizzati e' banale ma a Reggio Calabria si trasforma in qualcosa di serio. Non posso non raccontarlo.
La giornata ha inizio alle 7:45 quando mi presento, come concordato e dopo le visite di controllo, per essere ricoverato.
Vengo portato in corsia con altri tre sventurati: un caro saluto, se mai leggeranno questa pagina, a Sergio, Biagio e Francesco.
Vengo fatto spogliare e mi viene dato un camice monouso verde ma trasparente con il quale appaio come un macellaio pazzo e sono praticamente nudo e infreddolito.
Puntura e attesa di essere portati in sala operatoria. Sono le 8:15. Sono le 9:00. Sono le 10:30. Sono le 11:45. [Io nel frattempo convivo con il mio camice ] Sono le 12:30 Sono le 13:00 Sono le 14:00 Arriva il portantino: "Malara"! "Eccolo" - dice tremante (per il freddo e la fame) la voce di cio' che rimane di un ragazzo al quale un camice-grembiulino verde ha tolto la poca dignita' che gli restava nella vita: era la mia voce.
Salgo sulla barella: madre, padre, fidanzata con facce ... :( ... , luci al neon che sfilano, qualche battuta col barelliere per stemperare la tensione, ascensore verso la sala operatoria.
In sala operatoria trovo un'atmosfera pittoresca, degna del miglior mercato rionale. In questo apparente caos ( mi convinco che deve essere apparente altrimenti, penso, "sono fottuto!") trovo infermieri e medici piu' o meno interessati a quell'essere in barella con il pigiamino di carta verde e una gamba depilata (che schifo) che sono diventato.
Mi si avvicina un giovane medico e mi fa' : "tu giochi a basket?". Ed io: "una volta". E lui: "mi ricordo di te ... qualche volta abbiamo giocato contro!" "Occazzo" pensa quell'essere semidepilato e con indosso adesso anche una simpatica cuffietta dello stesso materiale del camice che qualcuno gli ha messo in testa passando.
Anestesista in avvicinamento ... "quanto pesi?" mi dice. Rispondo con timore: "108". L'anestesista istruisce l'ifermiere, che nel frattempo mi ha intubato la vena con una corposa flebo: "allora fagli questa ... e poi anche questa", passandogli un siringone con dentro un liquido opaco dai colori cupi. Vedo lo stantuffo della siringa abbassarsi, sento la testa annebbiarsi, torpore diffuso, chiudo gli occhi, buio.
USignuriMiMiJuta! ...
... Apro gli occhi, ma non per molto. Sono ancora sulla barella (contromano rispetto a prima). Le facce dei parenti. Qualcuno mi dice qualcosa (forse il barelliere). Rispondo con un improperio che non ricordo. Sono nel letto della corsia. I miei compagni di sventura si sincerano delle mie condizioni. Alzo un dito pollice come i migliori piloti finiti fuori strada ma salvi. Dormo.
Ho ancora indosso quel camice. La flebo. La gamba sollevata. Dormo. Sono le 17:00 Dormo ancora un po' di un sonno fatto non di stanchezza, ma di una infinita pigrizia. Mi risveglio per un po'. Parlo con i miei, con la mia ragazza, con qualche parente, con gli sventurati come me che intanto si sono ripresi e provano ad alzarsi per andare in bagno. Provo anch'io, ma mi accorgo che l'anestesia ancora circola nel mio sangue. Niente da fare. Devo mettermi steso. Dormo. Sudo freddo e dormo.
E' cosi' per tutta la sera, per tutta la notte.
Sono le 5:30 del mattino successivo: pasticca, puntura, colazione. Di alzarmi ancora non e' cosa: la testa mi gira, non ce la faccio. Comincio a realizzare, supportato dai miei compagni che ormai scorrazzano per la stanza con le stampelle ed il girello, che la dose di anestesia somministratami era di quelle che, in gergo medico, vengono dette "da cavallo". Bevo molto, mi fanno un'altra flebo. Riesco ad alzarmi. Sono le 11:00. Arrivo in bagno contento di avercela fatta e mi predispongo all'agognato atto ... Sento un piccolo strappo al ginocchio, il calore di un fiotto di sangue. Sento il piede umido. Guardo in giu': una pozza di sangue e' la conclusione del rivolo che parte dalla garza che mi avvolge il ginocchio, attraversa la calza e gocciola sul pavimento. Torno a letto, chiamo un ifermiere. Ha una faccia tesa ma mi rassicura: "meglio cosi', meglio che sia uscito".
"Che culo!" penso. Ora sto meglio: l'anestesia ha finito (forse) di scorrermi nel sangue, per cui non posso piu' imputare il mio rincoglionimento innato alle sostanze stupefacenti che mi hanno iniettato. Cosa ho imparato da questa esperienza:
  1. Il calcetto miete piu' vittime della guerra in Iraq;
  2. I reparti degli istituti ortopedici sono pieni di ragazzi e vecchiette (per forza:le donne che giocano a calcetto sono poche!)
  3. Le barriere architettoniche per i diversamente abili sono tante: noi non le vediamo ma ci sono.
Concludo citando le parole della madre di Francesco (menisco destro rimosso):
"U beni pidhjulu, ch' u mali riva sulu!"
Non lo traduco perche' e' troppo bello per tradurlo ... ah! quanto mi piacciono i detti popolari calabresi!

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